Come possiamo occuparci del nostro benessere psicofisico?
Che le tensioni emotive, come ansia e stress, possano dare luogo e aumentare le tensioni muscolari, è ormai ben noto a tutti.
Le emozioni di rabbia, paura, gioia tristezza ci segnalano cosa succede dentro di noi; e come una bussola ci indicano la direzione verso cui puntare. Tuttavia le emozioni possono diventare scomode. Infatti quando non trovano ascolto, si bloccano nel corpo limitando la nostra vita.
Quando accumuliamo delle tensioni emotive i nostri muscoli tendono ad irrigidirsi e contrarsi. Il respiro può diventare affannoso e superficiale e il muscolo rimanendo contratto può causare dolore. A ciò possono aggiungere altri sintomi come tachicardia, vertigini, cervicale, mal di testa, problemi intestinali etc.
Per questo, durante l’incontro, ci dedicheremo ad entrare in contatto con sensazioni fisiche ed emotive. Noi siamo il nostro corpo. Più il corpo è vivo più siamo nel mondo. Inizieremo a portare alla consapevolezza le emozioni trattenute nel corpo cercando di lasciarle andare. Soltanto liberando e accogliendo le nostre emozioni possiamo raggiungere il benessere psicofisico.
“La vita di un individuo è la vita del suo corpo. se voi siete il vostro corpo e il vostro corpo è voi, allora il corpo esprime chi voi siete il vostro modo di essere nel mondo. Più il vostro corpo è vivo più siete nel mondo” Alexander Lowen
WORKSHOP DI GRUPPO | Sabato 2 Marzo
Dalle 10 alle 13 presso lo Studio di Psicoterapia di Bovisio – costo 40€ per info 3929785583.
L’Analisi bioenergetica, fondata da Alexander Lowen, combina la psicoterapia verbale e corporea. L’ obiettivo è di aiutare l’individuo a ritrovare l’equilibrio mente corpo. Favorire il contatto con il proprio corpo permette, infatti, di rendersi consapevoli delle proprie tensioni muscolari ed emotive e di ritrovare una piena vitalità.
Fin da piccoli si impara ad adattarsi all’ambiente circostante. Ogni volta che limitiamo o reprimiamo sensazioni, emozioni e movimenti si creano tensioni muscolari che impediscono lo scorrere dell’energia e una libera autoespressione.
Una persona il cui flusso energetico è bloccato, ha perso una parte della sua vitalità e della sua personalità. In altre parole ogni muscolo cronicamente teso riflette un conflitto interno tra esprimere e non esprimere un impulso o sentimento. Durante l’infanzia alcune esperienze difficili o traumatiche sono motivo di conflitti psichici e tensioni muscolari. Queste si sviluppano lentamente fino a cronicizzarsi e diventare parte inconsapevole della struttura corporea e del modo di essere di ognuno.
I processi energetici del corpo sono direttamente collegati con lo stato di vitalità del corpo. Più si è vivi, più energia si ha e viceversa. Alla nascita, la persona è nel suo stato più vivo e fluido; basti pensare all’energia tipica dei bambini. Come afferma Lowen non possiamo evitare la rigidità che viene con l’età. Ciò che possiamo evitare è la rigidità dovuta alle tensioni muscolari croniche risultanti da conflitti emotivi irrisolti. Ogni situazione di stress crea uno stato di tensione nel corpo. Normalmente, quando non si è più sotto stress, la tensione scompare. Nel caso delle tensioni croniche, invece, la rigidità persiste anche dopo la scomparsa dello ‘stress’ che le ha provocate.
Scopo dell’analisi bioenergetica è diventare consapevoli delle proprie tensioni muscolari entrando in contatto con il proprio corpo e con le proprie emozioni. Le tensioni muscolari croniche danneggiano la salute emotiva e l’energia di un individuo. Per questo motivo l’analisi bioenergetica vuole alleggerire le tensioni in modo da aiutare la persona a riacquistare vitalità e benessere emotivo.
Le persone che vengono in terapia spesso fanno fatica a “godersi” la vita e a viverla pienamente. Il sintomo evidenzia il modo in cui si fa fronte alle difficoltà incontrate durante la crescita ma nel profondo c’è sempre una perdita di Sé.
Il corpo è una parte fondamentale di ciò che siamo. Quindi ogni aumento di contatto e consapevolezza col proprio corpo favorisce una migliore relazione con se stessi, con gli altri e la possibilità di vivere con piacere la nostra vita.
È per te il colore delle foglie la forma strana delle nuvole è per te il succo delle mele è per te il rosso delle fragole è per te ogni cosa che c’è, ninna na, ninna e
(Jovanotti – Per te)
La melodia e le parole di questa canzone mi toccano tanto. Mi fanno pensare a mia figlia Alice e alla mia esperienza di mamma e terapeuta. Ancor prima di rimanere incinta, mi sono chiesta quanto le esperienze intrauterine, il parto e in generale il mio grounding potessero influire sulla serenità di mia figlia. Non sempre una mamma è in grado di aprire il cuore e intonare le parole dolci di questa canzone. A volte una mamma non riesce a sintonizzarsi con il bambino; in alcuni casi non desidera fino in fondo l’arrivo di un neonato.
Come evidenzia Alexander Lowen, il feto e il bambino poi hanno bisogno di uno spazio protetto in cui svilupparsi. Il bambino inizia la sua vita radicandosi nel corpo della madre. Trova la sicurezza, prima nell’utero poi nella relazione con la madre e il padre, poi nella famiglia e così via. È proprio l’esperienza di radicamento che permette la costruzione del grounding. Per grounding intendiamo la possibilità di diventare una persona in contatto con la realtà interna ed esterna. La capacità di lasciare fluire l’energia, di stare in equilibrio e prendere una sua posizione).
Wera Fauser (2015) afferma che il ventre materno è la prima dimora in cui la persona può radicarsi e svilupparsi. Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che il feto è dotato di sensorialità, di vita psichica, di memoria. Alcune situazioni sfavorevoli come ad esempio problemi medici di gestosi, eclampsia, preclampsia. Anche la presenza di contrazioni uterine premature, ansia e stress cronici della madre, abuso di alcol o droghe. Oppure grave depressione e sentimenti ambivalenti o di rifiuto verso la gravidanza possono essere causa di traumi prenatali. Questi rimangono incisi nella memoria del corpo.
Anche il parto è un’esperienza iscritta nell’inconscio pronta a tornare in superficie. Affinché il parto venga vissuto con fiducia dalla diade madre-bambino è importante, ancora una volta, che la mamma sia grounded. Ossia capace di arrendersi al corpo lasciando spazio al mondo emotivo e viscerale piuttosto che ad un approccio razionale e controllante. È fondamentale che la donna possa rimanere in contatto con le proprie emozioni e con il ritmo del bambino. Se una mamma si irrigidisce per le forti emozioni, o se smette di respirare per bloccare le sensazioni del parto, l’utero si contrae e il bambino risponde irrigidendosi e uscendo a fatica attraverso il canale del parto. Se invece la mamma e il contesto favoriscono il contatto con le sensazioni, l’utero si può distendere e avvolgere il bambino che si espande nel corpo della mamma.
Anche se la nascita di per sé è un evento normale, al quale mamma e bambino sono naturalmente preparati, può essere un evento intenso ricco di complicazioni e di conseguenza risultare traumatico. A volte eventuali complicazioni del parto cesareo possono richiedere una separazione madre-bambino e ritardare o compromettere la montata lattea. Altre volte può succedere che durante il parto il cordone ombelicale causi anossia e la sindrome del bambino cianotico. Oppure che il nascituro rimanga bloccato nel canale del parto, che la mamma non riesca più a spingere o che la frequenza cardiaca diminuisca creando una situazione di sofferenza per il nascituro. Il bambino può rischiare la vita, sviluppare un’intensa tachicardia e una paura e panico mortali. L’attenzione verso tali traumi perinatali ci porta oggi ha favorire la possibilità di un parto dolce che faciliti la fisiologia di tale evento. La bioenergetica, inoltre, può intervenire dolcemente sui traumi intrauterini o della nascita favorendo il contatto bio-emozionale madre-bambino grazie alla tecnica del “massaggio dolce” di Eva Reich (Reich e Zornànsky, 2006).
La bioenergetica offre diverse esperienze e pratiche utili a rinforzare il legame genitori-bambino nella fase pre-peri-postnatale. Propone movimenti, come carezze e colpetti sulla pancia, a volte svolti spontaneamente da mamme e papà per comunicare con il bambino. Un metodo importante di stimolazione prenatale si basa sul canto. La voce materna e paterna può trasmettere al bambino la sensazione affettiva di essere voluto. Tale messaggio di amore lo aiuta fin da subito a creare un senso di sé positivo.
Purtroppo a volte la gravidanza è poco desiderata o caratterizzata da sentimenti ambivalenti e la mamma fatica a entrare in contatto con il bambino che porta in grembo. Il nascituro in questi casi potrà sentirsi rifiutato e terrorizzato dall’incontro con la mamma. Una mamma priva di grounding può aver paura dalla propria corporeità̀ e ciò si traduce in una difficoltà ad accettare la gravidanza, a volte può esasperarsi di fronte alle richieste del bambino, rispondendo con urla e rabbia, oppure mandare inconsapevolmente un messaggio ostile e minaccioso mentre allatta il figlio che registra la sensazione “ne ho abbastanza di te”. Confrontandosi con uno sguardo freddo, ostile o assente svilupperà una percezione di sé come una persona odiabile, cattiva, pericolosa che non ha il diritto di esistere. Tale esperienza è così traumatica da dover essere dissociata dalla coscienza e dal corpo. Lowen descrive tale situazione parlando di “ritiro schizoide” caratteristico delle persone che presentano un certo grado di distacco emotivo e una personalità tenuta insieme dalla forza del pensiero razionale.
Un bambino, oltre ad essere desiderato, ha bisogno di essere nutrito, accudito, accarezzato, protetto. Se una mamma non è sufficientemente grounded, ossia in contatto con il suo corpo e il suo sentire, può far fatica a sintonizzarsi con i bisogni del figlio. Il neonato cerca di raggiungere la madre, comincia a piangere, a gridare, ma quando i segnali ripetutamente non vengono compresi, il bambino rinuncia, si rassegna reprimendo l’espressione di sé sviluppando la struttura caratteriale che in analisi bioenergetica si definisce “orale”. Quando un bambino non è sostenuto nei suoi bisogni infantili e non ha soddisfatto i bisogni orali di contatto e calore del corpo, sviluppa un senso del sé e del proprio valore poco stabile.
Il neonato nasce con il desiderio di amore, vicinanza e intimità ed è quindi in contatto con il suo cuore. Per difendersi dalla deprivazione, dalle offese e dalla frustrazione, la persona sviluppa una corazza che ingabbia il cuore. «La bioenergetica vuole aiutare le persone ad aprire il cuore alla vita e all’amore” (Lowen, 1975). Come terapeuti, è importante, entrare in empatia con le mamme sopraffate da dubbi, paure, resistenze o insicurezze e sostenere il legame fin dalla fase prenatale.
Durante la mia gravidanza ho seguito diverse pazienti incinta e ho provato l’esperienza unica di abitare la stanza di terapia in quattro. Ricordo una paziente che, nei primi tre mesi di gravidanza, considerati come delicati e rischiosi, raccontava di non sentirsi pronta a parlare con il suo bambino e che avrebbe aspettato la sua nascita per instaurare un dialogo con lui. Vivere la relazione con la mia piccola dentro la pancia mi ha portato spontaneamente a proporre alle mamme di entrare in contatto con il feto/bambino che portavano in grembo. Supportare le donne durante e dopo la gravidanza favorisce la creazione di un buon legame. Questa è la chiave, come sostiene Christa D. Ventling, per un bambino sano e felice (Ventling, 2001).
Spesso nel mio lavoro incontro donne in crisi. Donne lasciate o tradite dal loro compagno, insoddisfatte, bloccate nelle solite difficoltà o addolorate per i fallimenti che a volte incontriamo nella vita. Durante il percorso di terapia assisto alla loro rinascita e mi torna in mente spesso questa poesia di Jack Folla che condivido con voi.
Se volete leggerla cliccate qui oppure ascoltatela in questo video letta da Fabio Volo
La libertà di essere se stessi – Chi ci permettiamo o non permettiamo di essere?
Vi è già capitato di essere attratti da alcune persone e meno da altre?
Forse avete provato anche fastidio per qualcuno pensando “quanto non mi piace quel suo modo di fare!”.
Per scoprire quanto sia possibile essere se stessi e accettare gli altri, cosi come sono, vi invito a chiedervi:
• cosa non vi piace di questa persona?
• quali aspetti più vi infastidiscono: il modo in cui parla, il tono di voce, come si veste, il lavoro o la vita che fa?
• questa persona vi assomiglia in qualcosa? il suo comportamento vi ricorda un vostro difetto?
• Il modo di fare di questa persona come verrebbe considerato dall’ambiente in cui siete cresciuti?
Fin dalla nascita ci confrontiamo con un mondo esterno che inevitabilmente ci influenza. Alcune nostre azioni vengono gratificate apprezzate e altre punite o criticate.
Automaticamente iniziamo a mostrare più spesso alcuni aspetti di noi stessi e meno altri perchè poco accettati dall’ambiente esterno. Tutto ciò influenza lo sviluppo della nostra identità.
Pensiamo ad un bambino. E’ ovvio che pur di sentirsi amato o importante per i suoi genitori troverà un modo per fare il bravo e adattarsi alle richieste dei più grandi.
L’essere umano non può vivere e crescere nell’assenza dell’altro. Pur di ricevere approvazione le persone nascondono alcune parti di se che finiscono per essere relegate nel cassetto degli orrori e rimosse nell’inconscio.
Secondo voi cosa può succedere quando notiamo una di queste caratteristiche nel modo di fare di un’altra persona?
Sentiremo la puzza tipica di quei cassetti che rimangono chiusi per anni e proveremo incredulità, repulsione o disgusto. Comè possibile che qualcuno indossa, con tanta naturalezza e magari orgoglio, tutto ciò che abbiamo decisio di nascondere nel cassetto?
Alcune famiglie ad esempio non vedono di buon occhio parlare a voce alta. Privilegiano un comportamento composto e controllato. Benchè possa essere frustrante un bambino con il tempo impara (deve imparare) a misurare le parole, i movimenti e le emozioni fino a diventare un adulto controllato e con un tono di voce pacato. A poco a poco inizierà anche a stupirsi e chiedersi come tante persone possano essere istintive e chiassose. E’ un adulto che si è dimenticato cosa significa essere un bambino spontaneo e fragoroso. Per tenere lontani da se questi aspetti, non apprezzati dalla famiglia, ha iniziato a giudicarli negativamente. Ha dimenticato anche la sensazione piacevole che si può provare quando si da spazio alla voce e alla spontaneità (anche perché ricordarlo, in un contesto in cui non è permesso, sarebbe stato troppo doloroso ). E’ per questo che di fronte alle persone spontanee o esuberanti proverà irritazione. Proverà per loro quello che ha ricevuto dai genitori o dal suo ambiente di riferimento: fastidio, disapprovazione o punizioni.
Ecco perché vi invito ad avvicinarvi ad una persona che per qualche motivo vi sta antipatica.
Forse porta con se proprio qualche aspetto, ad esempio poter essere chiassosi e spontanei, che avete perso per strada. Oppure il comportamento altrui vi ricorda un vostro difetto che proprio non sopportate e che potete iniziare a guardare con un pò più di comprensione e benevolenza.
L’ansia è una risposta di allerta rispetto a situazioni percepite come pericolose e/o stressanti.
Se guardiamo sia all’esperienza soggettiva di chi la prova, sia alle sue manifestazioni somatiche, appartiene all’ambito della paura. Si manifesta di fronte a:
eventi reali: ad es. un esame, un importante incontro di lavoro, il ritardo di un figlio nel ritornare a casa
eventi immaginati o anticipati mentalmente: ad es. pensare a ciò che potrebbe succedere in un viaggio ancora da fare
Fino a un certo livello di intensità è funzionale:
serve a segnalare un pericolo e a fornire le energienecessarie per la reazione
mette in moto specifiche risposte fisiologiche che spingono ad esplorare,identificare il pericolo ed affrontarlo nella maniera più adeguata.
costituisce una fonte di energia e ci consente di impegnarci nei compiti che svolgiamo quotidianamente. Ad esempio studiamo per un esame spinti dall’ansia di raggiungere l’obiettivo che desideriamo.
Diventa disfunzionale quando il pensare agli scenari futuri e l’ipotizzare le conseguenze diventa un rimuginio costante che toglie tempo al resto. Non si riesce a liberarsene fino al punto di preoccuparsi per il fatto stesso di essere persone che rimuginano. In questi casi diventa sproporzionata o una preoccupazione poco realistica perdendo la funzione di elemento di crescita e maturazione.
Ignorare l’ansia, come se fosse una nemica, non permette di vedere quali sono le paure e i bisogni che hanno bisogno di una risposta.
E’ importante iniziare a distinguere l’ansia (generalizzata) dalla paura (specifica).
Di che cosa la persona ha paura?
Quando una persona è in ansia assomiglia ad un bambino solo, spaventato ed agitato è importante quindi ascoltare di che cosa ha bisogno questa parte impaurita e persa. Imparare a gestirla significa accedere alle nostre capacità “materne” di rassicurazione, vicinanza, fiducia e comprensione.
Ascoltarecos’ha da dire l’ansia significa distinguere le componenti irrealistiche da quelle realistiche/funzionali in modo da neutralizzare i pensieri negativi e focalizzarsi sulla gestione di eventuali elementi di pericolopresentinel “qui edora”.
Le emozioni di base: gioia, paura, rabbia e tristezza ci segnalano cosa succede dentro di noi e servono al corpo per prepararsi ad affrontare le situazioni quotidiane.
Non ci sono emozioni negative in sé, ognuna ha la sua funzione fisiologica, tuttavia quando le emozioni diventano eccessive si bloccano nel corpo limitando la nostra vita.
Durante il seminario con la collaborazione di Patrizia Fort operatrice Shiatsu e olistica andremo alla scoperta delle nostre emozioni, leggendole anche attraverso l’interpretazione delle Antiche Tradizioni Orientali, per ritrovare, attraverso la parola e il lavoro con il corpo, il benessere psicofisico.
Sabato 4 novembre dalle 10 alle 13 a Bovisio Masciago in Via Cadorna, 22 – costo: 40€
Per info e iscrizioni contattare Emanuela Bellone 392 9785583 – info@emanuelabellone.com
Sabato 18 Febbraio dalle 10.30 alle 12.30: Un seminario per imparare a dare e ricevere riconoscimenti e favorire la relazione con se stessi e con gli altri!
Quando due persone si incontrano, cercano di stabilire delle relazioni e di comunicare, essenzialmente per ottenere dei segni di riconoscimento. La “sete” di riconoscimenti è così importante che è stato provato che un individuo preferisce ricevere dagli altri riconoscimenti negativi, piuttosto che non riceverne. A chi non è mai capitato di pensare preferirei un forse, un no, qualsiasi cosa ma che ci sia almeno un segno, una risposta..
Durante il seminario andremo alla scoperta del nostro “Profilo di Carezze” e impareremo nuovi modi per riempire il nostro serbatoio di Carezze e stare meglio con noi stessi e con gli altri.
Il Seminario sarà condotto dalla Dott.ssa Emanuela Bellone Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale presso il suo studio di Bovisio Masciago.
E’ possibile prenotarsi per l’evento scrivendo a info@emanuelabellone.com oppure chiamando al 392/9785583. I posti sono limitati (max 6 persone). SEDE DEL WORKSHOP: Corso Italia, 70 – Bovisio Masciago. COSTO: 20€.
Sono aperte le iscrizioni per un Ciclo di 5 incontri di gruppo esperienziali e di supporto rivolti a tutte le persone che stanno attraversando un momento di difficoltà, di cambiamento o che vogliono prendersi uno spazio per riflettere su di sé.
Durante gli incontri di gruppo individueremo insieme le risorse e le strade che possono aiutarci a prenderci cura del nostro benessere.
Capita a tutti di attraversare, in alcuni momenti della vita, difficoltà impreviste e momenti di cambiamento a cui non sempre siamo pronti: perdita del lavoro, crisi professionali, separazioni, nuovi assetti familiari, momenti di transizione… Come possiamo affrontare queste esperienze senza “andare in crisi”? Come possiamo trasformare i momenti difficili in occasioni di crescita? Durante i nostri incontri ci occuperemo del “ripartire da sé”, alla riscoperta di ciò che siamo e di ciò che vogliamo per noi e per la nostra vita trasformando la paura, rabbia, tristezza e il disorientamento, che spesso accompagnano questi momenti, in occasioni per riflettere su di sé e rinforzare l’amore per noi stessi.
Il gruppo è un luogo di incontro in cui le persone, con le proprie modalità e i propri tempi, possono condividere nel rispetto reciproco e in assoluta privacy le proprie esperienze, aiutati e accompagnati da un sostegno competente. Il gruppo si incontra a cadenza quindicinale per la durata di un’ora e mezza ed è condotto dalla dott.ssa Emanuela Bellone, Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale, specializzata nella conduzione di gruppi di supporto e di psicoterapia.
Il costo del percorso di 5 incontri è di 100€ e non è possibile partecipare ad un singolo incontro. Il gruppo è a numero chiuso (minimo 4 partecipanti e massimo 6) e si incontrerà il 1°e il 3° martedì del mese dalle 18.30 alle 20.00 a partire da martedì 7 Marzo.